Il pericolo dietro l’angolo
I savonesi , che si apprestano a votare, devono conoscere le vicende degli ultimi decenni di Savona, in modo tale da poter avere un’idea per chi votare o meglio per chi non votare, perché in questi ultimi 30 anni a Savona si sono intrecciati, spesso, interessi di personaggi non savonesi che hanno compromesso il decollo economico della città e compromesso lo stesso ambiente e continuano strenuamente nella loro opera distruttiva alle spalle dei savonesi.
Approfondiamo il tema FUNIVIE
Nel 1998 nel programma del porto dell’allora Lega Nord, io scrivevo: “Il porto di Savona- Vado è intrappolato in un groviglio di conflitti di interessi locali e corporativi per ciò che riguarda il carbone e poiché, per motivi ambientali e di costi di gestione, l’uso del carbone non avrebbe futuro, spendere 90 miliardi di lire del contribuente per lo spostamento della stazione funiviaria agli alti fondali non era certo una buona idea, in quanto l’uso del carbone in futuro non avrebbe dato i risultati che si ipotizzavano”. Stiamo parlando di venticinque anni fa!…LEGGI
Quando le attività e le strutture vetuste non sono più economiche e sopravvivono solo per gli interventi statali, nei Paesi seri si garantiscono, giustamente, alle maestranze il ricollocamento, gli eventuali prepensionamenti e i sussidi convenienti per tutti i lavoratori coinvolti, ma nel contempo si chiude lo sperpero del danaro pubblico, spostando le risorse così risparmiate su attività redditizie, con creazione di posti di lavoro veramente produttivi, capaci di generare ricchezza anziché perdite.
Un Regolamento dell’Unione Europea, a tal proposito, proibisce gli inutili aiuti di Stato alle aziende decotte, ma al riguardo l’Italia si rende spesso bersaglio facile, perché dalle nostre parti quando soffia il vento del cambiamento si preferisce quasi sempre costruire muri anziché mulini a vento, e questo non aiuta certamente lo sviluppo economico del nostro Paese e in particolare nella nostra città le sinistre hanno sempre perseguito questa politica suicida.
Per ciò che concerne le funivie di Savona, la chiusura dell’attività doveva avvenire già 30 anni fa, per il fatto che nella vecchia stazione funiviaria non vi era più il pescaggio sufficiente per ormeggiare le grandi navi moderne, ma soprattutto perché già allora si intravvedeva la fine dell’uso del carbone per motivi ambientali, specialmente in Val Bormida, una valle martoriata per anni da pesanti inquinamenti da parte delle industrie, che oltretutto consumavano milioni di metri cubi di acqua, un’altra risorsa cioè da salvaguardare.
La zona del porto di Savona, dove per quasi cento anni era stato sbarcato il carbone, avrebbe dovuto essere bonificata per venire adibita ad una nuova attività economica, che stava nascendo prepotentemente in tutto il mondo occidentale, vale a dire la nautica da diporto; in particolare, la zona del porto antico si adattava al settore più ricco e cioè quello della grande-plaisance, in quanto dotata di un pescaggio non più sufficiente per le grandi bulk-carrier ma più che sufficiente per ormeggiare i sempre più grandi megaychts, che iniziavano ad essere costruiti nei grandi cantieri italiani, a cominciare dai Baglietto di Varazze e Mondo Marine a Savona, ma sopratutto in Nord Europa.
L’ex Hotel Miramare, una struttura turistica risalente alla Belle Epoque e da anni abbandonata, nel cui specchio di mare antistante nei tempi passati i turisti andavano a bagnarsi, avrebbe potuto essere rivalutato e riportato al passato splendore, per diventare un ottimo resort complementare agli attracchi dei megayachts, e avrebbe dato alla città un’immagine fastosa; ma sopratutto il connubio economico tra porto turistico e resort avrebbe creato centinaia posti di lavoro qualificati per i giovani savonesi ed innescato attività collaterali ad alto valore aggiunto.
Invece in quegli anni, mentre veniva ostacolata ogni forma di turismo, specialmente quello nautico, che prepotentemente si stava diffondendo in tutte le vecchie zone portuali a ridosso delle città di tutti i porti commerciali del Nord Mediterraneo, Genova inclusa, a Savona il carbone, in piena controtendenza, acquistava un ruolo sempre più preminente nell’economia locale, perché rimesso in gioco con l’intervento dello Stato attraverso una nuova opera voluta dall’allora ministro delle infrastrutture , il genovese Claudio Burlando, con lo scopo di far diventare Savona l’hub delle rinfuse nere, in completa controtendenza rispetto a tutti gli altri porti liguri ed europei.
Con il totale contributo di soldi pubblici veniva realizzato, pertanto, un tunnel sottomarino per collegare attraverso nastri trasportatori la banchina 29 degli alti fondali alla vecchia funivia, la quale aveva come principale destinazione del carbone sbarcato la vetusta Cokeria della val Bormida, peraltro già in crisi. Ma tutto questo non era già abbastanza, perché il carbone entrava ancora più in gioco grazie alla previsione di un’ipotetica centrale alimentata a carbone da costruire nella vallata, come pure col raddoppio di potenza della centrale di Vado Ligure con un nuovo gruppo elettrogeno, ovviamente sempre a carbone.
Questi forsennati progetti – fortunatamente rimasti solo sulla carta – quasi sempre “sponsorizzati” da personaggi non residenti a Savona, avrebbero posto la nostra città nel bel mezzo dello sbarco del carbone a levante e del suo consumo a ponente, serbando ai cittadini Savonesi una situazione ambientale non certo favorevole per la loro salute.
Parliamo di un disegno che le varie amministrazione di sinistra Savonesi hanno subìto senza battere ciglio, che è poi fallito, fortunatamente, in primis per l’intervento della locale Magistratura, che ha sequestrato i gruppi a carbone esistenti della Centrale di Vado, ma anche per la nascita e la pressione di diversi Comitati di Cittadini, i quali riuscivano a dimostrare che i fumi prodotti dai gruppi a carbone erano la causa di numerose malattie tumorali nella zona attorno alla Centrale e in parte anche a Savona, fatti che in seguito venivano confermati dal processo penale.
Contemporaneamente in val Bormida la sollevazione dei Sindaci della vallata contro la costruzione di una possibile ulteriore fonte di inquinamento, in un’area già per anni martoriata da danni all’ambiente da parte di un tessuto industriale legato alla chimica, bloccava sul nascere ogni ipotesi di centrale a carbone, sponsorizzata in primis da sindacalisti Cgil.
Non concretizzandosi l’ipotesi di scaricare tre milioni di tonnellate di carbone all’anno, inevitabilmente le funivie entravano in crisi profonda, ed è stato solo con l’aiuto perenne dello Stato a ripianare debiti e perdite di esercizio che è stato possibile pagare le maestranze e la dirigenza di Funivie Spa. La caduta dei tralicci durante le piogge del 2019 ha ulteriormente complicato la gestione di un’azienda già precedentemente in crisi profonda.
La provincia di Savona, che da trent’anni elegge da 4 a 5 parlamentari, per la stragrande maggioranza non residenti in città, da decenni non riesce ad ottenere finanziamenti utili all’economia e alle infrastrutture provinciali, delle quali il nostro comprensorio mostra una carenza scandalosa; basti pensare che la linea ferroviaria da Savona a Nizza è ancora a singolo binario nella tratta Finale-Andora, come cent’anni fa, e come le stesse tratte di collegamento verso il Piemonte, tra Savona e Altare e tra San Giuseppe e Ceva, sono a binario unico, con tempi di percorrenza sulla direttiva di Torino inaccettabili per un Paese moderno; lo stesso porto di Savona non ha un ingresso dedicato per i mezzi pesanti, per cui essi passano per il centro città, come 200 anni fa e la nuova Aurelia bis non eviterà tale passaggio.
Di fronte a questa scandalosa situazione infrastrutturale, che ha di fatto contribuito a tarpare le ali all’economia savonese, della quale sembra che ai nostri parlamentari ormai da decenni importi poco o nulla, l’attività lobbistica da parte di tutti i partiti ( prima del PD ora della Lega Salvini) a favore delle funivie non è venuta mai meno, attività tesa a mantenere una struttura inutile e decotta, che ha soltanto distratto milioni di euro alle vere necessità dell’economia produttiva savonese, che langue e che non potrà mai ristabilirsi se non si costruiscono infrastrutture adeguate, come avviene nelle provincie più avvedute.
Tornando a parlare del terminal delle rinfuse degli alti fondali, v’è da dire che la banchina 29 è collegata al parco del carbone di San Giuseppe anche attraverso una linea ferrata, che potrebbe, in modo ecologico, trasportare le rinfuse dalla banchina del porto di Savona all’area di San Giuseppe; peraltro, al contrario della funivia che è unidirezionale, la ferrovia può trasportare la merce anche nella tratta di ritorno, che con le funivie avviene inevitabilmente via gomma .
Dai dati rilevati negli ultimi anni relativi allo sbarco del carbone, risulta che due o tre treni al giorno sarebbero più che sufficienti a smaltire le rinfuse sbarcate; allora ci siamo chiesti: perché si vogliono spendere altri quattrini del contribuente per riparare i tralicci, quando le condizioni economiche non lo giustificano? E quindi perché porsi il dilemma “Gomma o Funivia” come gli amministratori adducono, piuttosto che “Ferrovia o Funivia” e principalmente perché le funivie stanno tanto a cuore al Senatore Ripamonti e alla Lega?
A questo punto, noi del Gruppo Consiliare di Savona Capoluogo (Consiglieri fuoriusciti dal Gruppo Lega ) in Consiglio Comunale ci eravamo chiesti: perché il Ministero delle Infrastrutture ha ulteriormente deciso di immettere altro danaro per riparare i tralicci con altre colate di cemento nella collina per un’infrastruttura inutile?
La risposta era venuta nella Commissione II del Consiglio Comunale di due anni fa ed era che il Ministero stava studiando di sbarcare altre tipologie di merci alla rinfusa non ben “identificate”; ma, visto il tipo di struttura esistente, era facile pensare che non potevano che essere rinfuse che non si contaminassero con il polverino di carbone, ovvero altre rinfuse nere.
Non vi sono molte rinfuse nere da portare in Piemonte che possono conciliarsi con il carbone, direi che ve n’è solo un tipo ed è quello che noi liguri chiamiamo “rumenta” e che in italiano si chiama rifiuto solido urbano, merce che le regioni del centro sud esportano a milioni di tonnellate specialmente nelle regioni del nord Italia e in Nord Africa. Questa, temevamo profondamente, potesse essere un’ipotesi plausibile.
Nulla di illegale, per carità, tuttavia se ciò fosse confermato, arriverebbe a Savona altra merce schifosa e povera, che impoverirebbe ulteriormente il tessuto economico della città, e oltretutto diffonderebbe nell’aria attraverso i vagonetti tanta diossina, dimostrando ancora una volta che il declino di Savona non lo hanno deciso gli “Dei dell’Olimpo”, ma i Savonesi, che hanno dato il mandato di amministrare la città a personaggi ai quali della città non importa più di tanto, anche perché per lo più vivono altrove.
D’altronde i risultati economici e di immagine internazionale dimostrano che, mentre le altre città liguri diventano più ricche e più belle, Savona continua inesorabilmente nel suo declino economico ed ambientale e l’immagine all’ingresso da levante, rappresentato dalle vecchie e arrugginite strutture pericolanti delle funivie, e da ponente dall’ecomostro Crescent, sono per i visitatori di Savona e per i passeggeri in partenza per le crociere un pessimo biglietto da visita.
In verità una buona parte di colpa del declino della città sta nei savonesi, che hanno spesso votato personaggi incompetenti, menefreghisti, per non dire qualcosa di più grave, che, per lo più, non vivono in questa città e che si fanno vivi solo per chiedere il voto, per poi , una volta eletti dimenticarsi dei cittadini che , in buona fede li hanno votati .
Nel prossimo articolo non mancherò di cercare di fare riflettere i savonesi che si apprestano a votare, affinché non commettano l’errore di votare per i boia della nostra città, con la speranza che poi essi siano clementi.
Giusto fare i nomi, e magari anche ripeterli in altri articoli con i loro colori politici, dei lungimiranti amministratori che poco più di 20 anni fa hanno puntato sul carbone (sich) e hanno fatto perdere alla città il treno della nautica da diporto . Sarebbe stato proprio il periodo giusto in cui investire e lo dico io che sostengo che non è quello che guida la Ferrari e che cena al ristorante di lusso due volte l’anno ma sono i 100 che comprano la panda ed il pane ed il latte tutte le mattine che fanno vivere la città. Il diporto però è un industria con un grande indotto che porta quello con la Ferrari e da lavoro a quelli che si possono permettere solo la panda. Purtroppo in tutti i paesi rivieraschi della liguria la politica quasi sempre di sinistra (snob) ha fatto costruire case , ville ed appartamenti di lusso per investitori e speculatori che portano per pochi giorni solo quelli con la Ferrari e ucciso le industrie come quella del diporto appunto che avrebbero portato uno e l’altro e i paesi sono morti , sono solo diventati dei luna park durante l’estate ed i fine settimana.