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RICORDO DI
ANGELO MINIATI
di Fulvio Sguerso
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Ho incontrato Angelo Miniati in occasioni
diverse, come conferenze,
anniversari, presentazioni di libri
sulla Resistenza, celebrazioni del
Venticinque Aprile, e sempre mi ha colpito il
suo stile sobrio e asciutto, semplice ed
essenziale, eppur ricco di quella sincerità e
schiettezza che contraddistingue
chi ha intensamente vissuto e sofferto
per i propri ideali. Lo ricordo soprattutto
nella circostanza del suo intervento nella
scuola dove ero collega del figlio, ingegner
Gianni Miniati, cioè l’Istituto Alberti - Da
Vinci. Tramite Gianni organizzammo un incontro
con i ragazzi delle quinte sul tema della
Resistenza, e devo dire che raramente ho
assistito a una lezione di storia contemporanea
più efficace e partecipata di quella in una
scuola secondaria.
Il partigiano “Gelo” sapeva
raccontare in modo
avvincente le sue esperienze di guerra,
rievocando vicende ormai lontane nel tempo ma
ancora vivissime nella memoria.
E’ rimasto celebre il
cosiddetto “episodio delle sette meno dieci”.
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Racconta il partigiano Gelo
che una sera, tornando a piedi dalla stazione di
Albisola verso Savona - perché, per via del
ritardo del treno, aveva perso l’ultima corriera
– era arrivato alla curva poco prima della
Madonnetta, e lì vede un milite fascista che gli
viene incontro. Privo di documenti come era e
con una pistola in tasca, non essendoci
possibilità di fuga, era pronto a giocarsi il
tutto per tutto pur di non farsi catturare.
Trovatisi faccia affaccia, il milite, con l’aria
più normale del mondo, chiede: “Può dirmi che
ora è?”. E Gelo, guardato l’orologio da polso:
“Sono le sette meno dieci”. E preseguì con
disinvoltura apparente la strada verso casa.
Ricordò anche le feroci rappresaglie e le
torture subite dai resistenti. Le domande dei
ragazzi furono tante. Qualcuno chiese se nutriva
sentimenti di odio nei confronti dei fascisti.
Ma Gelo rispose: no, non ho mai odiato le
persone; ho combattuto contro l’oppressione
nazifascista anche per conto dei miei nemici. Ci
mancherai, partigiano Gelo.
Fulvio Sguerso
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