Il “gran
carnevale” da sfascismo scolastico
Le ultime asinerie del ministro Gelmini (E
a Savona
agli esami di maturità è arrivato anche il “contratto di
ripartizione”)
Savona -
Cose che capitano a Roma: in piena estate 2008
il governo presenta un decreto-legge con il
quale si autoattribuisce la delega in materia di
scuola. Il decreto viene convertito in legge e
il Parlamento si trova completamente estromesso
da ogni processo decisionale sulle politiche
scolastiche: sulla base di quella legge il
governo può emanare una serie di regolamenti che
modificano le leggi e che incideranno
pesantemente sulla qualità del nostro sistema
scolastico nazionale, senza che le Commissioni
di Camera e Senato possano neppure esprimere un
parere.
Le scelte relative alle
materie d'insegnamento sono, a dir poco,
curiose: nel primo biennio del liceo delle
scienze umane,
le quattro ore settimanali di "Elementi
di psicologia, sociologia e statistica" presenti
nel vecchio liceo socio-psico-pedagogico (vale a
dire le discipline portanti dell'indirizzo)
vengono sostituite con
niente.
Proprio all'inizio del
percorso di studi, in cui ai discenti appena
arrivati dovrebbero essere fornite solide basi
in vista dell'approfondimento delle tematiche a
carattere sociale, psicologico e pedagogico che
avviene nel triennio, si decide che, per i primi
due anni, chi ha scelto un liceo delle scienze
umane, di scienze umane non ne dovrà sentire
parlare! Non è l'unico esempio: destini simili
seguono gli insegnamenti di chimica, i
laboratori e parecchio altro.
Negli schemi di
regolamento anche il diritto e l'economia
spariscono come insegnamento curricolare
dai licei - con la sola eccezione del
liceo-economico-sociale - e da quasi tutti i
trienni dei tecnici (e pazienza se i nostri
figli non sapranno nulla sulla globalizzazione o
la tutela del consumatore) mentre la nuova
disciplina “Cittadinanza
e Costituzione” viene assegnata
agli insegnanti di materie letterarie, che non
hanno mai dovuto sostenere (non si dice un corso
di studio ma) neppure un esame sugli argomenti
che dovranno trasmettere agli studenti. Che cosa
pensereste di una scuola in cui i rapporti tra
Leopardi e il
Romanticismo europeo vengono spiegati
dal professore di diritto, a cui è stato fatto
fare, al più, un frettoloso minicorso di qualche
ora sulla letteratura italiana dalle origini ai
giorni nostri? Eppure, a parti inverse, è ciò
che accadrà.
Le Commissioni
parlamentari hanno chiesto più volte al ministro
della pubblica istruzione di spiegare nel merito
i regolamenti, ma
Gelmini ha sempre declinato l'invito:
alla fine, a un'interrogazione
parlamentare presentata il 26
febbraio da
Manuela
Ghizzoni, capogruppo PD in
Commissione Cultura, il ministro ha dato una
risposta tutt'altro che rassicurante. Il
responso,
pervenuto il 16 luglio, è infatti il classico
tranquillante che non tranquillizza nessuno: il
Governo afferma che la riduzione d’orario per le
discipline non avverrà, ma si guarda bene dal
dire chi insegnerà tali materie e, anzi,
annuncia di aver previsto, già per l'anno
scolastico 2008-09
“azioni di
sensibilizzazione e di formazione del personale
finalizzate all'acquisizione nel primo e nel
secondo ciclo di istruzione delle conoscenze e
delle competenze relative a «Cittadinanza e Costituzione»,
nell'ambito delle aree storico-geografica e
storico-sociale e del monte ore complessivo
previsto per le stesse”.
Il messaggio è chiaro: dei docenti di Diritto
possiamo fare a meno perché abbiamo i
"surrogati": i docenti di altre discipline che
in qualche modo avranno orecchiato qualche
articolo della Costituzione. Con tanti saluti
alla specializzazione degli insegnamenti e ai
tanti docenti di diritto che devono
quotidianamente battersi contro molti colleghi -
ignari della stessa normativa scolastica, ossia
del corpus
regolamentare che regola il luogo dove lavorano
-
perché nella scuola italiana vengano rispettate
le leggi dello Stato: saranno i secondi,
infatti, a dover spiegare l'educazione alla
legalità!
Questo è ciò che è
accaduto nell'ultimo anno. Non sono stati a
vario titolo d'accordo, in ordine di protesta:
il presidente dell'Associazione Italiana
Costituzionalisti, Alessandro Pace, il rettore
della facoltà di giurisprudenza di Genova Paolo
Comanducci, almeno una dozzina di docenti
universitari in facoltà giuridiche ed
economiche, oltre duemila persone - della più
diversa estrazione culturale – che a suo tempo
hanno sottoscritto l'appello lanciato dal
Coordinamento dei Docenti di Diritto ed Economia
e, ultimo ma non per ultimo, l'ordine degli
avvocati del Triveneto, il superordine dei
professionisti forensi che in un
comunicato-stampa
rileva che
“la soppressione dell'insegnamento di 'Diritto
ed Economia' rappresenta un oggettivo
impoverimento del patrimonio culturale
indispensabile per la formazione di giovani che
aspirano alla completezza di preparazione
propria della scuola media superiore e, al
contempo, un arretramento rispetto ad una
formazione che considera il complesso delle
competenze e cognizioni relative alle regole del
vivere sociale elemento indefettibile per la
crescita complessiva della persona e della sua
cultura” e lamenta che
“il
venir meno per gli studenti delle scuole medie
superiori della possibilità, concreta, di
acquisire quelle conoscenze sia pure elementari
del diritto che possano consentire loro una
meditata scelta del successivo percorso
formativo universitario. In altri termini, la
soppressione dell'insegnamento del diritto nei
licei impedisce agli studenti di tali scuole di
formarsi un'idea e una consapevolezza circa
l'oggetto e il metodo degli studi del diritto,
in siffatta guisa finendo per limitare la stessa
capacità e potenzialità di scelta del successivo
sbocco universitario”.
Cioè: l'abolizione dell'insegnamento del diritto
e dell'economia è un danno sia per il futuro
universitario sia per il giovane cittadino: una
presa di posizione che, tra l'altro, riprende
quella, datata dicembre 2006, del
Parlamento Europeo. Insomma: gli
stessi colleghi (sia pure di regione diversa)
della
Gelmini non sono d'accordo con quello che ha fatto il
ministro in carica.
Non è d'accordo (e questa è storia recentissima)
neppure il vicepresidente dell'Associazione
Italiana Direttori del Personale,
Paolo Iacci, che dalle pagine di
Italia Oggi del
17 agosto si fa una domanda molto
semplice: come si fa a colmare il gap
scuola-lavoro e avvicinare l'istruzione al mondo
dell'impresa (uno degli obiettivi dichiarati
della riforma) diminuendo del 64 per cento le
ore di diritto ed economia nelle superiori?
“E' troppo
– si chiede
Iacci –
chiedere che si dedichi al diritto e all'economia lo stesso spazio
dedicato al latino”? Bella domanda.
Intanto, la
Corte
Costituzionale stabilisce che il
governo non può emanare norme sulla rete
scolastica e il
TAR del Lazio sospende la procedura
di nomina degli organici di diritto (leggi:
professori e maestri che saranno in carica a
partire da settembre) perché il governo avrebbe
emanato delibere senza che ci fosse una norma
autorizzativa:
ce n'è abbastanza per capire che, forse,
qualche decisione andrebbe rivista. Davvero?
Sentite questa: il
TAR del Lazio stabilisce in una sentenza (condivisibile o
meno che sia) che i precari che si iscrivono
nelle graduatorie di un'altra provincia debbano
essere immessi nelle posizioni stabilite dal
punteggio che avevano ottenuto nella provincia
di partenza e non in coda, ma il Ministero, in
una recentissima nota, invita gli Uffici
Scolastici Provinciali (gli ex Provveditorati) a
non tener conto della decisione di un tribunale
dello Stato (vedi
articolo de
L'Espresso)
e poi stabilisce che ogni Ufficio può fare ciò
che vuole: con tanti saluti alla parità di
trattamento...
Dulcis in fundo:
quando, nel 2005, l'allora ministro
Letizia
Moratti annunciò che intendeva
ridurre l'insegnamento di diritto ed economia
negli istituti tecnici, 16 (sedici) associazioni
di categoria del mondo produttivo -
nell'ordine:
Abi, Agci, Ania, Casartigiani, Cia, Coldiretti,
Claai, Cna, Confagricoltura, Confapi,
Confartigianato, Confcommercio, Confetra,
Confindustria, Confservizi e Legacoop
– criticarono la decisione sostenendo che tra
gli obiettivi del secondo ciclo si doveva
garantire, oltre ai saperi dei diversi
indirizzi,
“le conoscenze giuridiche e la conoscenza
dell'assetto istituzionale-economico-giuridico
dei sistemi occidentali”: che cosa è
cambiato da allora?
PS. Cose che capitano a
Savona: agli ultimi esami di maturità alcune esterrefatte
studentesse di un liceo (che portavano all'esame
i nuovi contratti di lavoro) si sono sentite
rivolgere un quesito (ci sono i testimoni) sul “contratto di ripartizione” che (ma
questo la commissaria lo ignora):
1.
non
è un nuovo
contratto di lavoro,
2.
non
è neppure un contratto
di lavoro,
3.
è un
contratto, vecchio come il cucco, di diritto
della navigazione in cui due (o più) linee di
navigazione concordano di mettersi
reciprocamente a disposizione un numero
prestabilito di spazi di carico su determinate
navi o rotte;
4.
è un
contratto che le studentesse di un liceo non si
sono mai sognate di studiare e che non è in
alcun programma dell'Istituto;
5.
è un
contratto che non ha nulla in comune con il
“contratto di lavoro ripartito” cui, pare di
capire, la Commissaria voleva riferirsi.
Confondere il primo con il secondo è come
confondere la glicolisi con
la nitroglicerina: due cose che hanno una
qualche assonanza linguistica ma che non
c'entrano nulla l'una con l'altra. E se qualche
studentessa volesse fare ricorso contro la
mancata promozione, che si fa? Cribbio, se c'è
bisogno dei professori di diritto (almeno di
quelli bravi, intendo...)
Il Ministro Gelmini