L’intervista della settimana/ Roberto Grasso, il più giovane organista di Liguria

<In discoteca non vado più,

 suono l’organo in chiesa>

Una straordinaria scelta di vita. Per fede ha abbandonato il mondo degli “sballi” e le insidie della droga. Da Mendatica un inusuale “messaggio” di speranza

 

di Luciano Corrado


 Roberto Grasso, organista

Mendatica – Laddove sorge una chiesa parrocchiale, un campanile, c’è un organo. Simbolo di fede, di canto sacro, solennità. Uno strumento musicale inventato da Clesibio d’Alessandria 140 anni a.C. e perfezionato nella forma moderna verso la fine del secolo 14° dal fiorentino Francesco Landino.

Un patrimonio in gran parte storico, di cui si parla raramente, di inestimabile valore, che affonda le radici nella nostra storia cristiana. In molte chiese, dalle città ai paesini di montagna, i gloriosi, a volte maestosi, organi sono spesso in disuso, abbandonati all’incuria, dimenticati. E soprattutto, si sta perdendo la memoria storica e sociale perché sono in estinzione gli stessi organisti.

In Germania, in Austria, l’organista fa parte di una categoria professionale, ha un contratto di lavoro, uno stipendio medio di almeno due mila euro. Le scuole d’organo non soffrono di grave carenza di studenti. Si mantiene vivo il legame tra musica sacra, il senso di appartenenza ad una comunità delle nuove generazioni. Si tramandano canti, liturgie, festività, i ricordi.

Oggi in moltissime chiese le cerimonie religiose affidano le celebrazioni alle nuove tecnologie, alla note e ai canti “registrati”. Basta un pulsante a comando. Hanno spento, per sempre, un emblema, un’eccellenza artistica.

Roberto Grasso, 26 anni, è forse l’unico “montanaro” ligure ad aver scelto di dedicare gli studi e la gioventù all’organo.  Ha lasciato il lavoro in una catena commerciale, ad Albenga, per completare il Conservatorio ed il corso di studi. Una mosca bianca, una passione che lo rende “diverso” nel mondo giovanile dell’effimero, dei miti all’insegna della povertà di valori ed assenza di meritocrazia. Una scelta di vita, quella di Roberto, non solo controcorrente nel “status giovanile”, ma maturata attraverso un percorso tra il “popolo delle discoteche”, dello “sballo”, delle tante “Isole dei Famosi” , modelli educativi.

Il suo appello: <Non spegnete l’organo, riscopriamo la musica sacra nelle chiese. Non ricordiamoci delle nostre origini solo in occasione delle feste patronali, dei matrimoni, dei funerali, delle processioni>. 


La storica chiesa parrocchiale di Mendatica

D) Come e quando è nata la passione (l’amore) per l’organo?

Hanno influito parecchio mio nonno e mia mamma. La loro passione, il loro amore per la fisarmonica, la musica, il canto. L’impegno e la dedizione ai canti sacri. E poi, ogni volta che da bambino entravo in chiesa ed ascoltavo l’organo provavo forti emozioni. Mi sentivo coinvolto, affascinato.

 

D) E l’inizio, i primi ricordi…?

Avevo otto, nove anni. Abitavo con i genitori ad Albenga. Alle medie l’ora di musica era riservata al flauto, non ero entusiasta. I più erano distratti, svogliati. E’ stato, invece, il maestro Collina di Bastia d’Albenga, a riempire quel vuoto. Certo, inizialmente, non avevo ben chiaro quale fosse lo strumento musicale della mia vita. Il maestro Collina è stato eccezionale, con lui ho imparato a suonare il pianoforte, ad apprezzare….

 

D) E la molla verso la scelta definitiva, inusuale nel pianeta giovani, di diventare organista di professione?   

La mia grande fede. Il desiderio di servire la chiesa e ciò che rappresenta. Ripeto, ogni volta che entro in chiesa per suonare il mio animo si arricchisce. Provo gioia interiore. Sono sereno, più fiducioso, direi rilassato, in pace.  

 

D) In questa società materialista,  sei quasi un “marziano”! Con una gioventù  “povera di ideali”, sempre più diseducata da chi dovrebbe educarla. Con lo “sballo”, ultima moda, diventato una costante, uno stile…Con idoli televisivi, a loro volta, figli della banalità.

Io non mi sento affatto un emarginato, neppure dai miei coetanei. Non sono un integralista religioso o di costumi sociali. Mi piacerebbe andare nelle scuole e chiedere perché preferiscono la discoteca, e non frequentano la chiesa. Per quale ragione scelgono di “pasticcarsi”, perdere la testa.  Darei loro un consiglio: venite più frequentemente a Messa e vivrete meglio, più sereni, più liberi.

Parla uno che ha frequentato discoteche, le conosce, ha fatto esperienze. A 16 anni andavo in discoteca, ho continuato fino a 22.  Ho conosciuto ragazzi e ragazze che si sono rovinati l’esistenza. Si finisce nei “giri sporchi”, nella droga; facile ritrovarsi la “pasticca” nel bicchiere, a tradimento. Ora in discoteca, dopo un’ora, provo fastidio. Non è più il mio ambiente di svago. Frequento i pub, gli amici…, le feste. Strimpello  la fisarmonica, canto canzoncine in comitiva. Un’allegria genuina.

 

D) Dal pianoforte all’organo, attraverso quale strada…?

Frequento il Conservatorio di Cuneo, con il maestro Massimo Nosetti. Siamo in dieci a seguire il corso d’organo. C’è un solo savonese, Ravazzano. Pur essendo pochi, siamo uniti, affiatati, fieri. Potrei citare, tra gli organisti del ponente ligure, Massimiliano Guido, Dario Calvi, Silvano Rodi, Tiziana Zunino, Remo Gandolfo.  

 

D) Quanto incide la tua scelta nella vita sentimentale e “privata”?

E’ una bella esperienza, intanto le ragazze che ho conosciuto e frequentato hanno sempre accettato la mia passione. I miei impegni. Hanno capito che la gioventù che si emargina non è quella che frequenta la chiesa, ma chi segue la massa, le mode del piacere sfrenato e senza valori.  Che è facilissimo correre il rischio di ritrovarsi sulla strada sbagliata, della droga; il passo alla piccola delinquenza, a non ritorno, è breve.

Certo, studiare da organista comporta sacrifici, rinunce, ma le soddisfazioni interiori danno tanto forza. Dopo sei anni di scuola d’organo è anche arrivato il giorno del mio primo concerto. E’ accaduto lo scorso anno. Esordio proprio a Mendatica. Con il coro di Pornassio e Gianni Vinai alla tromba. Con la corale San Dalmazzo, diretta da Valeria Lorenzi di Ponti di Pornassio. Erano presenti un centinaio di persone. Non posso descrivere la gioia che ho provato. Come sarebbero stati felici mamma ed il nonno Bruno!

 

D) Cosa ti ha spinto a scegliere l’organo piuttosto del pianoforte…oppure…

E’ il “re” degli strumenti musicali. E’ un’orchestra. E’ solare. Ti offre mille combinazioni. E’ più difficile, più complesso, richiede impegno simultaneo nella tastiera e nella pedaliera. I registri offrono molte varietà, dal pianissimo al fortissimo, dalla voce angelica, alla voce umana, viola, bordone, oficleide, ripieno, tromba, unda maris, tiratutto,  vigesimona….

 

D) In che stato si trovano gli organi delle chiese del ponente ligure?

Un patrimonio inestimabile ed inutilizzato in molti casi, persino importanti chiese parrocchiali di città della Riviera.

Si parla, si scrive più frequentemente di quadri o di altri arredi sacri, poco o nulla degli organi, della loro storia. Gioielli autentici. Basti pensare che l’organo della chiesa di Mendatica ha un valore che, detta in lire, si aggira sui due miliardi.

Il pregio dello strumento scaturisce dal numero dei registri, la qualità del suono, il materiale con cui è stata realizzato e non meno importante l’acustica della chiesa. Ci sono due categorie di organi: quello antico  e quello moderno a trasmissione meccanica.

Non so se esista un censimento a livello regionale o nazionale del patrimonio “organi”. Nella cattedrale di Ventimiglia, ad esempio, c’è un esemplare  della ditta fratelli Carrara (Trento); tra i migliori organi figurano i Serassi. So che ci sono situazioni di precarietà, come a Borgo d’Oneglia, Dolcedo, Cosio, Pornassio, a Garlenda. A Chiusavecchia, invece, c’è un altro gioiello e il 24 maggio, alle 17,  terremo un concerto della scuola Remo Gandolfo, con Dario Calvi.

 

D) Come vedi il tuo futuro…le aspirazioni avranno successo?

L’obiettivo è diventare organista professionista, pur sapendo che in Italia è dura. Sotto ogni aspetto, ad iniziare da quello economico. Esiste un’Associazione Italiana Organisti, ma non è considerato alla stregua di un lavoro, bensì hobby. L’aspirazione è insegnare nelle scuole, fare organista nelle parrocchie, valorizzare e riscoprire ciò che rischia di perdersi nell’indifferenza. Non ci si può ricordare dell’organista soltanto ai matrimoni, ai funerali. Non c’era chiesa senza un organo, gli organisti provenivano da dieci anni di “scuola”. Oggi l’Università prevede un corso triennale breve per la laurea e due anni di “scuola specialistica”.

Ci vogliono stimoli collettivi, ad iniziare da chi ha responsabilità pubbliche, di governo del Paese. Penso all’esempio della mia Mendatica. La popolazione,  “foresti” compresi, hanno fatto il “miracolo”. Con una sottoscrizione è stato possibile raccogliere 57 mila euro, in un paese con meno di 200 residenti, senza industrie e senza un commercio fiorente. Molti anziani. E’ stato forte lo slancio che ha finito per coinvolgere tutti, istituzioni comprese. Ad iniziare dal Comune, Pro Loco, parrocchia, con un parroco ammirevole per la forza dei suoi novantanni. Ci siamo sentiti spronati, orgogliosi, pensavamo di non farcela. Peccato  che l’avvenimento non abbia avuto l’eco che meritava. Speriamo almeno sia di buon esempio.

 

D)  Cosa può insegnare il “modello Mendatica”…?

Il tesoro degli organi nelle chiese deve tornare agli antichi splendori, alla sua funzione più nobile, punto di riferimento della comunità. Non mi pare, salvo eccezioni, ci sia una particolare sensibilità, una coscienza collettiva. Eppure fa sempre piacere entrare in una chiesa ed ascoltare una Messa, con l’organo e la corale. Un vanto per il paese, un fiore all’occhiello. Sarebbe bello vedere più impegnati tutti coloro che sono chiamati ad amministrare enti e fondazioni bancarie.

Si faccia in modo che gli organisti non restino “mosche bianche”, che le chiese possano continuare a tramandare le nostre tradizioni, le virtù degli avi. E’ importante il valore della famiglia, ma deve essere rafforzato dal radicamento alle nostre origini, alla nostra fede, ai canti religiosi.

Non può essere soltanto una benemerita associazione, come Music Liguria International, con sede a Borghetto S. Spirito, presieduta da Marinella Mantovani, nell’ambito degli Antichi Borghi di Liguria, tra La Spezia e Ventimiglia, a farsi carico di organizzare e valorizzare i concerti d’organo.

 

Luciano Corrado  

 Roberto Grasso, organista



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