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Settima puntata sulla massoneria ligure, terza su quella dei fiori

In loggia il procuratore capo

con “villetta” sul litorale

Lo “scoop” di Sabelli Fioretti (Secolo XIX) ricostruito a 18 anni dai fatti



Filippo Maffeo, sostituto procuratore della Repubblica

Imperia – Terza puntata della “massoneria dei fiori story”. Una ricostruzione di avvenimenti accaduti , 18 anni or sono, sconosciuti ad un generazione, dimenticati dai più, ignorati da tanti. Nessun processo-bis, ma una “memoria storica”.

Tutto iniziò quando l’allora sostituto procuratore della Repubblica di Savona, un giovane schivo, ma determinato, Filippo Maffeo (già consigliere comunale della Dc a  Loano, figlio di un’onesta famiglia di immigrati, titolari di un negozio fotografico) decise per la prima volta in Italia di far perquisire alcune sedi di logge massoniche, apparentemente segrete e comunque molto riservate.
Era un sabato, 21 novembre 1981. Il magistrato si recò di persona con agenti della squadra mobile e della Uigos. Suonarono in via Famagosta, a Savona, dove aveva ufficialmente sede un Circolo Culturale, frequentato da personaggi di spicco del mondo dell’imprenditoria, della Finanza e da qualche politico anche a livello della Regione. Tra gli altri Alberto Teardo ed altri esponenti del Psi e della Dc.

 A catena emersero, dopo i documenti trovati, la scoperta di altre logge dove non mancavano funzionari pubblici ai quali era fatto divieto di appartenere ad associazione segrete, anche se la nuova e più severa legge (come reato) arriverà solo in un secondo tempo, a seguito della P 2.

Cosa c’entra il lavoro del dottor Maffeo (da anni è sostituto procuratore ad Imperia, dopo un periodo ad Albenga, come pretore capo facenti funzioni) con le vicende imperiesi?

Seguendo le inchieste giornalistiche dell’allora inviato speciale de Il Secolo XIX, Claudio Sabelli Fioretti, emerge che <secondo alcuni documenti sequestrati nella casa di Arenzano di Mirto Cassanello, capo degli ispettori della massoneria ligure, anche il procuratore della Repubblica di Sanremo, Vincenzo Testa, sarebbe affiliato ad una loggia di Ventimiglia, la Oberdan>.

Scriveva Sabelli Fioretti sul Secolo XIX: <La notizia pubblicata domenica sul Secolo XIX ha creato notevole sconcerto negli ambienti politici e giudiziari, anche se le voci della sua affiliazione alla massoneria circolavano da tempo.

Un antefatto, sempre dall’articolo di Sabelli Fioretti: <Il 22 marzo 1986 l’associazione ecologica Pro Natura Riviera dei Fiori aveva mandato un esposto al pretore di Ventimiglia denunciando una villetta chalet in calcestruzzo…stessa denuncia da parte della sezione di Bordighera di Italia Nostra. Il 9 luglio il senatore comunista Lorenzo Gianotti rivolse un’interpellanza al ministro della Giustizia, Giuliano Vassalli, parlando  di “costruzione abusiva di edificio in cemento e mattoni”.

Perché scomodare un ministro, si chiedeva il giornalista, per uno dei tanti abusi di cui è ricca la nostra Italia? Il senatore Gianotti lo scrisse nell’interrogazione stessa: <La costruzione abusiva, probabilmente su territorio demaniale, risulta di proprietà del procuratore della Repubblica di Sanremo>.


Una fase del processo a Gigliola Guerinoni, seguito anche dall'allora inviato speciale del Secolo XIX, Claudio Sabelli Fioretti (in seconda fila, mentre si volta verso i colleghi Roberto Sangalli, attuale capo redazione savonese, e Mario Muda, di profilo, oggi vice direttore a Genova). Con gli occhiali da sole un terzo collega, Roberto Di Perna che era alla redazione di Savona ed oggi a Genova. In prima fila, invece, alcuni difensori degli imputati. Il processo si svolgeva nell'Aula Magna del tribunale di Savona, presieduto da Francesco Becchino. (foto archivio Gallo)

C’erano molte imprecisione, faceva notare Claudio Sabelli Fioretti, nel suo servizio, il casotto, ad esempio, non era formalmente del magistrato Testa.  Inizialmente era di un avvocato, Luigi Borgogno che lo concesse in uso alla famiglia del magistrato. Poi l’11 ottobre 1985 l’aveva venduto definitivamente alla moglie di Testa, Lorenza Cartagenova. Il terreno non era demaniale, ma di Pio Domenico, uno dei proprietari dei terreni su cui era sorto il complesso residenziale di Nervia.>

Il ministro Vassalli rispose di <aver dato disposizione di seguire l’ter del procedimento penale al termine del quale mi riservo di esaminare la posizione del dottor Testa, al fine di verificare se il suo comportamento nella vicenda sia suscettibile di valutazione sotto il profilo disciplinare>.

Il tutto (abuso) si è concluso, informava il quotidiano ligure, con una provvidenziale amnistia. E <il brutto casotto della famiglia Testa è ancora sulla spiaggia di Nervia, ormai legalmente>.

Sabelli Fioretti proseguiva: <Vincenzo Testa, 66 anni, un padre, Giovanni che fu cancelliere al tribunale di Genova, una moglie, Lorenza della buona borghesia intemelia (suo padre era medico), due figlie di cui una Ornella, lavora con lui alla cancelleria della Procura….Testa ha vissuto tutta la sua vita a Ventimiglia. Tra Ventimiglia  e Sanremo (tranne due anni di praticantato a Mondovì) si è sviluppata tutta la sua carriera giudiziaria, prima di pretore e poi di procuratore della Repubblica>.

E ancora: <…Testa personaggio di basso profilo, una carriera vissuta nell’ombra, lontano dai riflettori della mondanità, delle grandi manifestazioni, estraneo alle polemiche e riottoso a comparire sulle pagine dei quotidiani. Negli archivi dei giornali non si trova nulla su di lui, se non la storia recente del casotto sulla spiaggia di Nervia>.

A questo punto l’inviato speciale racconta particolari curiosi: <Per scoprire qualcosa di più su questa famiglia…si viene a sapere che la moglie, come le first ladies americane, è impegnata nella beneficenza, gli amici con alcuni dei quali ama pranzi e cene al ristorante , feste private, sono  Cesare Caldarelli, grande costruttore e presidente dell’Autoporto di Ventimiglia; Felice Muraglia, avvocato molto vicino al leader democristiano Manfredo Manfredi;  Gianni Locatelli, detto Carluccio lo sporcaccione, proprietario del più costoso ristorante di Sanremo; Luigi Fortunato, pure lui magistrato; Renato Russo, ex segretario comunale di Ventimiglia, fondatore di un paio di logge del Ponente Ligure; Silvio Damiani, capo dell’Ufficio Licenze e commercio del Comune di Ventimiglia>.

Sempre dal testo dell’articolo del Secolo XIX del 10 aprile 1990: <Proprio a causa di queste amicizie, Stefano Accinelli, ex assessore al Comune di Sanremo ed imputato nello scandalo del Casinò, ha tentato di trascinare, come testimone, lo stesso Testa, su suggerimento del suo avvocato, il radicale Mauro Mellini, per giustificare il suo comportamento “pro Merlo” durante la gara d’appalto per l’aggiudicazione della gestione del Casinò. Durante un incontro in casa Testa, Accinelli credette di capire che anche Testa fosse favorevole a Merlo. Ma a Milano i giudici non hanno ammesso la testimonianza del procuratore della Repubblica.>

Claudio Sabelli Fioretti faceva notare che Vincenzo Testa era rimasto fuori dalle polemiche nonostante Sanremo, negli anni, sia stata  squassata da due grandi scandali. Quel del 1981 che ha visto alla sbarra un centinaio di persone accusate di aver rubato in una decina d’anni, 100 miliardi al casinò;  e quello del 1983 che portò in galera quasi tutta la giunta comunale, sindaco in testa, sotto il sospetto di aver tramato per consegnare il Casinò alla mafia.

Fuori dalle aule di giustizia i comunisti sanremesi protestavano perché i loro esposti contro gli amministratori comunali andavano dapprima a rilento e poi svanivano nel nulla.

Come quello contro Nando Zivieri, medico di Sanremo e maestro venerabile della loggia massonica Carducci, del quale Luigi Ivaldi, leader carismatico della sinistra sanremese, aveva denunciato gravi reati, in qualità di presidente della commissione medica di accertamento della invaldità.

L.Cor.

(continua, con nuove scuse per il secondo rinvio sulle testimonianze di uno dei gestori dell’Osbruma night club di Boissano, divenuta poi sede di una loggia massonica e dove si incontravan, al night, fratelli e ballerine; rinvio dovuto a problematiche sulla privacy delle persone chiamate in causa).