con Cervone, Campora, Stuardi, Uslengo, tra tradizione e gastronomia.
Finale Ligure – E’ il mese di maggio 2003. All’Istituto alberghiero si svolge la cerimonia della nomina a “Delegato per il Finalese” di Vincenzo Campora. Parliamo dell’Ordine dei Cavalieri della Confraternita del Pesto composta da: cavalieri, paladini e cavalieri gastronomi. Nella “foto storica”, che poi tanto storica non è, ma che pubblichiamo volentieri per “non dimenticare”, da sinistra a destra: il cancelliere, considerato il deus ex macchina, Pietro Attilio Uslengo; il Gran Maestro, Edmondo Ferrero (un personaggio per essere stato presidente della Regione Liguria); il neo delegato Campora; il sindaco allora in carica, Pier Paolo Cervone; il segretario-tesoriere Pietro Stuardi.
La Confraternita del Pesto è tornata a Finale nel luglio 2004 per la “Serata del Pesto” istituita quando dal 2000 l’Associazione dei “Garosci de Pia” ha dedicato un apposito concorso tra professionisti produttori di Pesto del Finalese. La quinta edizione aveva visto al vaglio 16 concorrenti, con distribuzione di trenette al pesto, gratuite, per tutti i partecipanti.
La Confraternita, alcune centinaia di “iscritti” in Liguria, una cinquantina in provincia di Savona, non è un’associazione di categoria. E ci tiene a far presente nel sito internet che <è apolitica e apartitica>. Chiunque ne può far parte <con il convincimento di proteggere e divulgare una tradizione che si è affermata quale simbolo della gastronomia ligure>.
L’Ordine dei Cavalieri della Confraternita vede i “Cavalieri” quali partecipanti alla fondazione e con la responsabilità della vita stessa del sodalizio. Poi ci sono i “Paladini”, disinteressato sostenitore dello spirito e degli ideali della Confraternita per non far morire tradizioni “a rischio estinzione”. Tra i compiti del “Paladino”: difendere la tradizione dalle mistificazioni. E ancora: <Il Paladino libera il vero pesto dal segreto del desco ligure e lo divulga per farlo apprezzare fuori dai confini della regione>. Da qui l’importanza del proselitismo tra quanti apprezzano l’orgoglio dell’appartenenza alla Confraternita, il valore storico e non solo gastronomico.
Dai sostenitori (come appunto Cervone) ai Cavalieri Gastronomi. Ovvero i cuochi o i gestori di ristoranti che desiderano essere insigniti del titolo dovranno sottoporsi all’impegno di proporre al pubblico il pesto genovese secondo le indicazioni dello Statuto della Confraternita esibendo nel locale la dichiarazione del proprio impegno.
Tra i cavalieri gastronomi del ponente ligure figurano: Elda Bianchi (ristorante Da Casetta) di Borgio Verezzi; Rinaldo Negri (albergo Villa Bolognani) di Finale Ligure; Paola Porcellotti (ristorante Da Paola) di Diano Marina.
Forse non sarebbe una cattiva idea se la Confraternita, in accordo con le categorie agricole e di produttori di vero pesto ligure, offrisse un “proprio bollino” di garanzia del prodotto, cosi come si richiede ai ristoratori.
Infatti succede spesso di acquistare confezioni di pesto ligure, con tanto di etichetta, e di ritrovarsi qualità organolettiche e gustative che lasciano a desiderare. Come accade, insomma, quando si va al ristorante e la cucina spesso è mediocre. L’eterno problema della professionalità soprattutto nell’offrire un prodotto bandiera della tradizione locale. Con una miriade di “venditori-commercianti” che non sono neppure liguri e magari poco interessati, sbagliando, ai nostri valori.
Conclusioni: fare in modo che chi vende “pesto ligure” non deluda e rappresenti davvero una garanzia di qualità, bontà e genuinità.
Non è facile, purtroppo, ma potrebbe rappresentare una strada di successo per chi aderisce, con l’aiuto serio e disinteressato della Confraternità che garantirebbe, si fa per dire, un “marchio sicuro”. Anche per non soccombere alla modernità dell’incultura culinaria e alla condanna a morte della nostra cultura culinaria.
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