L’INTERVISTA DELLA SETTIMANA di LUCIANO CORRADO Albenga, Gerry
mitico libraio vuota il sacco dopo anni di silenzio. |
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Chi è l’”ambasciatore di
cultura”: |
Un giorno in famiglia, in occasione del suo compleanno. Una moglie insegnante, due figli laureati. Nella stanza dedicata agli archivi 10 mila volumi, alcuni di eccezionale valore, avuti da famiglie che non hanno più eredi. In altri spazi 30 mila volumi. Nel giardino dove si organizzano incontri letterari un “orto” impreziosito da 1500 piante, alcune di grande rarità. Molti i frequentatori illustri, ma anche semplici cittadini con la passione della storia e del “sapere”. Albenga - L’intervista nel giorno del suo compleanno, al più noto libraio ligure di cui è stato presidente regionale della categoria. Diventato un personaggio e fino a pochi anni fa sempre all’onore della cronaca dei quotidiani locali, della televisione, degli incontri ed iniziative culturali. Gerolamo Delfino, Gerry per gli amici, è nato ad Albenga il 1 settembre 1946. Il papà proveniva da Arenzano, come altre note famiglie ingaune-cerialesi (Vigo, Damonte, Parodi, Bruzzone, Caviglia, Traverso). "Papà si era trasferito nel 1901, ma in famiglia abbiamo mantenuto le tradizioni dell’origine, culinarie e dialettali. Emigrati – osserva Gerry - nella più estesa pianura ligure, un tempo paludosa, poi diventata tra le zone più fertili e pregiate d’Italia". La palude fece molte vittime, tra malaria e spagnola. A fine ‘800 c’era ancora il divieto di costruire in quelle aree, nelle campagne. Poi furono autorizzate piccole costruzione per la conduzione del fondo agricolo. "Sono stato tra i pochi – ricorda Gerry – a frequentare ancora le elementari alla Carenda, dalla terza i genitori mi trasferirono dalle suore del Suffragio, oggi trasformato in palazzo, con una redditizia speculazione. Le medie alla Dante Alighieri, ginnasio e liceo al Pascoli, oggi liceo Bruno, con Mario Moscardini. Fui bocciato in fisica e mi mandarono in collegio, dai padri Somaschi di Nervi. Mi trovai malissimo e piantai lì". Gerry Delfino aveva un solo obiettivo, da grande fare il libraio. Ha iniziato a 20 anni. Nel 1967 rileva un piccolo negozio di 20 mq., nel centro storico di Albenga. Un locale di proprietà della Curia vescovile che poi amplierà fino a 400 mq. Nell’opera di restauro fu trovato il primo muro romano all’interno della città. Un piccolo passo indietro, Gerry Delfino, ancora studente, dedicava molto tempo a lavorare per l’Istituto di studi liguri, ma anche per Italia Nostra. La passione del libraio c’è l’ha nel sangue, nel cuore, nella mente. E a dieci anni dall’inizio dell’attività, Gerry da alla stampa le prime edizioni. Avviato anche una grande e col tempo assai proficua, collaborazione con il Comune di Alassio. Invita, conosce, coinvolge, si fa apprezzare da Susanna Tamaro, Rosetta Aloi, Dacia Maraini, Sebastiano Vassalli, Umberto Eco, gli editori Hoepli, Inge e Carlo Feltrinelli. Gerry incita e scopre Francesco Biamonti, Nico Orengo, Giuseppe Conte. Ma è un elenco dimezzato, casuale di una chiacchierata. Il suo album dei ricordi con la cultura è una miniera, molti successi, qualche delusione. Un mondo che lo avvolge e lo affascina. Al quale si dedica anima e corpo. Poi lo stacco dalla spina, dalle spine. E confida: "Decisi di smettere e cedere la libreria quando mi resi conto che usavo una filosofia di vita commerciale autodistruttiva. Per me alla base del mio lavoro c’era la passione, in connubio con l’amicizia dei clienti. Ma alla fine in molti ne approfittarono, non solo per via dei libri, ma per chiedere favori. Di ogni genere. Chi era in cerca di una casa in affitto, chi aveva un problema in banca, chi....Ho smesso, era davvero stanco. Per fortuna ho avuto una moglie (Angela) insegnante, una donna eccezionale che sapeva dividersi dirigendo anche per un periodo la libreria, fare l’agricoltrice, curare la casa". Un distacco, quello da libraio a 360 gradi, colmato dalla presenza di due figli attratti dalla cultura umanistica. Il primogenito, Eugenio, laurea in lettere antiche con indirizzo archeologico, specializzato in ceramica grigia del terzo e quarto secolo, è project manager alla Comunità Europea (settore cultura). Il secondogenito, Diego, laurea in giurisprudenza, è funzionario Acli. Dapprima a Roma, ora ad Albenga. Ma l’ex libraio, nonostante qualche problema di salute, non poteva liberarsi delle sue creature preferite, ovvero i libri e la bistrattata cultura. Ha fondato “scripta manent”, ha tenuto in vita la casa editrice “Delfino-Moro”. E soprattutto si è gettato nell’avvincente impresa de “Il Giardino letterario Delfino”, nato da un’idea del 1995, realizzato nel 2000, con sede in Regione Carenda inferiore 11, sull’Aurelia, quasi ai confini di Ceriale. Nel giardino, un angolo che vale la pena visitare, ha via via messo a dimora le piante più “cantate” da poeti e romanzieri. La prima in assoluto è stata una gincobiloba, che si racconta sia nata per caso anche a Hiroshima, dopo la distruzione nucleare. Una pianta preistorica che a Gerry venne regalata da Franco Stalla. Poi tutte le altre fino all’attuale parco di 1500 piante. "Presto amplieremo il giardino di altri 1500 metri – dice Gerry - Qui organizziamo incontri e riceviamo tanti complimenti per come abbiamo sistemato il parco, grazie all’aiuto e ai consigli di Maria Boidi, vice preside a Loano, e del marito Piero Facchinello, cultori per hobby di rose e peonie. Ho ricevuto persino i complimenti dell’architetto Paolo Portoghesi. Un altro prezioso ed ottimo collaboratore è Pino Camoirano, grande creativo, ideatore dei miei loghi e delle copertine dei nostri libri". In una provincia che a giudizio di Gerry Delfino ha poche idee e scarso slancio verso la cultura, l’ex libraio è stato chiamato a far parte, quale indipendente, di una commissione provinciale. E’ stato positivo che si sia riuscita a spalmare soldi ed incentivi sull’intero territorio savonese, non esclusi i piccoli paesi, spesso bistrattati. "Con me ci sono persone validissime – confida – come Anna Maria Camposeragna del Cesavo che si occupa di tutte le iniziative provinciali senza scopo di lucro. Poi il musicista Franco Caruso. Ottimo, sempre nel campo della cultura, il lavoro di funzionari come Eliana De Carolis e Luigi Barlocco. Rimasi sinceramente un pò perplesso, invece, nel periodo in cui l’assessorato era affidato a Piero Pesce che non si presentava mai in commissione e le poche volte che veniva andava via subito". Nella sua “cittadella culturale” Gerry custodisce 10 mila volumi, alcuni assai preziosi e rari, assegnati alla stanza dedicata agli archivi, in un’altra ha raccolto sinora 30 mila esemplari. E’ il giorno del suo compleanno, arrivano i figli, una zia, la moglie. Per Gerry le ore scorrono nella consueta pace ritrovata tra piante rare, una copia di gattini, il cagnolino, la consapevolezza di custodire tante testimonianze della storia. La felicità di aver contribuito, nei suoi limiti, a produrre cultura nella sua città, nella sua Riviera, nella sua Regione. Gerry ha fatto la sua parte, spesso in solitudine, tra difficoltà ed incomprensioni. E poi, è risaputo, dalle nostre parti la cultura non paga in termini elettorali, sarà anche per questo che Gerry la più sonora bocciatura l’ha avuto proprio dagli elettori della sua città. Un calice davvero amaro. Luciano Corrado |
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L’INTERVISTA DELLA SETTIMANA – Il personaggio “dimenticato” dai media Albenga, Gerry mitico libraio vuota il sacco dopo anni di silenzio. Ce n’è per tutti, dal sindaco al vescovo Gerry Delfino ha iniziato a vendere libri a 20 anni. Un testimone d’eccezione della storia ingauna, dei suoi retroscena. |
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Per due anni ha ricoperto la carica di assessore alla cultura nella giunta di Mauro Zunino. Parla di un fallimento per mancanza di fondi, ma anche dell’estenuante “guerra” tra logge massoniche, tra affiliati. Ricorda i meriti di monsignor Piazza e critica l’attuale vescovo. Elogia Gin Noberasco, Nino Sommariva, Maria Teresa Nante. Denuncia la latitanza delle banche e dell’azienda Testa. Punta il dito contro il conflitto di interessi del vice sindaco Vazio e del basso profilo del primo cittadino Antonello Tabbò. Svela i retroscena del suo abbandono, colmo di delusione, dalla rassegna dei libri di Peagna e dall’associazione che l’organizza. Ricorda gli errori di Angelo Viveri, il male che ha fatto alla città, ma stravede per il fratello Igi, “persona onesta e coerente”. Albenga – Per due anni è stato assessore alla Cultura, musei, centro storico e pubblica istruzione, con sindaco Mauro Zunino. Per 15 anni si è dedicato alla rassegna dei libri di Peagna, cofondatore dell’associazione “Amici di Peagna”. E’ stato presidente dei “Librai della Liguria”. All’età di 20 anni ha iniziato il suo lungo viaggio nel mondo dei libri, con l’apertura di una piccola rivendita dietro il battistero: 20 mq., poi ampliati fino a 400. E’ stato il punto di riferimento del mondo culturale ingauno, rivierasco, dell’entroterra. Immancabile nelle pagine di cronaca delle iniziative culturali. Poi il passo da piccolo editore. Una grande passione, un grande amore per i libri, la sua terra, la storia, le origini, il dialetto. Fino a quando Gerry Delfino ha deciso di gettare la spugna. Era entrato sulla scena pubblica, in punta di piedi, da cittadino senza tessera di partito, idee liberali, indipendente dai poteri economici. Aveva scelto di uscire in silenzio, portandosi dietro amarezze, ingratitudine, consapevolezza che non si può lottare all’infinito con i mulini a vento. E’ stato testimone, a volte artefice, a volte vittima, della storia culturale e non solo, albenganese. Testimone e battitore libero, tra successi, sconfitte, storie segrete di vita pubblica. Ha deciso di rispondere alle domande di un giornalista, infrangendo quel silenzio che l’aveva ormai rilegato nel dimenticatoio.
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Perchè ha scelto di ritirarsi dalla vita pubblica? Lo devo proprio dire? Sono rimasto deluso sia dalla destra, sia dalla sinistra. In gioco vedevo soprattutto questioni di interessi economici. Più di parte che collettivi. Insomma non scorgevo quel bene comunque di cui tanto si parla. E poi era venuta a mancare la democrazia interna. A quel punto trassi le conclusioni...
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C’è un episodio che ha fatto traboccare il vaso? La cultura era il parente povero del bilancio comunale. Mentre sono convinto che in una società meriti quantomeno i primi posti. Mi sono dovuto inventare mille cose, arrangiare come potevo. Ricordo le mostre, ebbero un successo. Da quella di Giotto, agli Angeli di legno. Mostre tematiche che in altre parti d’Italia ci hanno copiato. Non parlo solo delle scelte della giunta, della maggioranza, ho trovato scarsa collaborazione nell’Istituto di studi liguri. Non hanno saputo neppure seguire i tempi, afflitti da baronie per mettersi sempre in mostra. E con la rassegna dei libri di Peagna...si parla di rottura, rapporti difficili. Altro che rottura, me ne sono andato senza rimpianti. Don Gerini e Franco Gallea si sono lasciati prendere la mano da personaggi che definirei “loschi”. Il mio obiettivo era quello di portare la rassegna a livello europeo, con un salto di qualità, di interesse. Per me era indispensabile uscire dai nostri confini. Vedere le produzioni librarie, per fare un esempio, dei paesi baschi, del Belgio. Procedere a scambi. Ricordo che Rainer Kriester portò proprio a Peagna la sua prima scultura. E qui incontrò Enrica Merlo, figlia dell’ex sindaco di Ceriale. Una donna eccezionale che lavora per Einaudi, traduttrice ufficiali di libri dal francese, spagnolo. Tra i miei obiettivi, con lo scopo di promuovere la nostra zona, quello di far fotografare da un grande fotografo le copertine dei libri di medicina custoditi nell’archivio diocesano del vecchio vescovado. Poi organizzare una mostra nei paesi del Nord Europa, nostro bacino d’utenza nel movimento turistico. Insomma, attraverso la cultura, fare anche turismo. Ad un certo punto ho avuto pure difficoltà a capire il comportamento dell’amico Gallea. Un grande uomo che ho sempre stimato. Però non ho mai condiviso che nelle sue numerosissime presentazioni di libri, tutti siano uguali. Il grande scrittore, come l’ultimo... Sono dell’avviso che bisogna fare distinzioni, non illudere la gente. Gallea mi pare non abbia mai scritto un libro, è l’uomo delle prefazioni, degli articoli. Infine penso che tra intellettuali e potere non esistano rapporti, ma solo chi vuole sempre guadagnare a tutti i costi. Non condivido, infine, per la cronaca fresca l’atteggiamento assunto, alla rassegna, contro Antonella Tosi. Ho letto che sarebbe stata respinta perché si è presentata col cagnolino.
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Un argomento di maggiore spessore, come giudica l’operato della giunta di Antonello Tabbò. Deludente e deluso. Vedo lo sgomitare del nuovo capetto, avvocato Vazio, alle prese con un continuo conflitto di interessi. Tutta la sua famiglia è interessata al mondo dell’edilizia. E le sue scelte politiche a favore delle Torri nell’ex ospedale non mi sorprendono. Il sindaco Tabbò mi ha deluso tantissimo. Ma pare che anche quando era in Provincia non si sia distinto. |
Ho seguito, ho letto la
storia dei terreni di Pontelungo dove c’è chi ha proposto di
realizzarvi l’edificio scolastico. Vorrei sapere a chi appartengono
quelle aree nel suo complesso. Bene ha fatto la Provincia, con
Bertolotto, ad insistere per la scelta del polo scolastico alla
Turinetto. Lei è arrabbiato perché trascurano da sempre gli investimenti nella cultura.... In piazza Matteotti hanno demolito la vecchia fontana per allargare la strada. Non da oggi ad Albenga prevale la cultura degli interessi personali ed arricchimenti facili. Angelo Viveri pensava ai grandi progetti, a lasciar costruire palazzi. Mi sia concesso, senza voler mancare di rispetto a chi non può più rispondere, sostenere che per me questo piccolo idolo popolare non ha mai amato la sua città. Guardava solo al partito, alla forza al suo interno. Ammiro, invece, ieri come oggi, il fratello Igi. Un teorico che crede e persegue con coerenza i suoi ideali. Del resto, per me l’unica persona coerente della sinistra è stato Armando Cossutta A me la coerenza impone di essere un vero cattolico e certe cose non si possono fare. Invece la mancanza di principi, di saggezza, la sete di potere finiscono per far perdere l’amore per la propria città.
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Anche Antonio Ricci per la
vicenda delle torri che si vogliono costruire nella sede del vecchio
ospedale, ha invocato l’amore per Albenga, per la propria città. Ricci è un amico, una persona che stimo. Mi ha telefonato per dirmi: non hai fatto niente per la storia delle torri. Ho risposto, sono dei pazzi, è una bolla di sapone, non riusciranno a fare niente. |
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Lui ha replicato, guarda che ci sono in ballo interessi molto più grossi di quello che immagini. Ci ho pensato una notte, poi l’ho richiamato per dirgli “Antonio, hai ragione”. Mentre mi chiedevo per quale ragione l’Istituto di studi liguri non abbia mosso foglia. Silenzio assoluto. Ho pensato alle troppe logge massoniche che affliggono questa città. Me ne parlava con grande lucidità un massone che ho stimato moltissimo, l’avvocato Carlo Filippi. E un’altra persona che meritava assai più stima dal mondo politico ingauno e che invece fu messo nell’angolo, l’avvocato Donato Cangiano. Lui non era massone. Troppe logge, troppi egoismi e pochi giovani che promettono bene, ma sono tenuti in disparte. Mi hanno deluso, inoltre, quelli della mia generazione. Non esiste salvaguardia della città monumentale, la sovrintendenza si muove tra mille ostacoli. Vedremo chi sarà il nuovo responsabile. Un altro sfacelo nel campo della cultura e di cui non si parla, è il ruolo della chiesa e del vescovo. Un grande mecenate per Albenga fu il vescovo Alessandro Piazza e prima di lui, a fine ‘400, Leonardo Marchese. E’ stato monsignor Piazza a portare avanti il restauro della cattedrale e a 40 anni non sono ancora usciti gli atti del restauro, dello scavo. Penso spesso che io tutti i giorni compilavo il diario di scavo. Ci mancano monsignor Piazza ed il professor Nino Lamboglia che sapeva entusiasmare i giovani, coinvolgere le persone. Ci fu un momento in cui riuscirono a mettermi contro il vescovo Piazza al punto che un giorno mi rimproverò di essere un sobillatore. Dovette ricredersi e ricordo i suoi scherzi al telefono. Oggi ci mancano quei personaggi per contrastare gli scempi. Il vescovo Oliveri è troppo timoroso, ha paura di se stesso.... C’è un “dispetto” tra i tanti che non riesce a dimenticare. Ho un nipote, Antonio Parodi, che a Bruxelles dirige “Casa Liguria”. Sono stato incoraggiato all’iniziativa editoriale per un libro sul basilico. L’autrice, Sandra Berriolo. Quel libro diciamo che rappresenta il mio testamento. Ebbene, la Regione Liguria non ha comprato una sola copia. E’ stato interamente finanziato da me. Ho protestato. Nessuna risposta. Neppure i giornali hanno voluto darmi una mano per denunciare tanta incoerenza. Almeno don Gerini e Franco Gallea quando scrissi loro una dura lettera in cui spiegavo perchè non condividevo più certe scelte, mi risposero, non importa se dopo due anni, con grande” savoir faire”. Del resto non c’è più da stupirsi di nulla. C’è ancora qualcuno che parla di Moravia e Guttuso? Rilegati nel dimenticatoio. Ci sarà ad Albenga una persona di cui ha stima... Certo, ho molte speranze nel futuro del vicario monsignor Giorgio Brancaleoni. Spero si avveri la voce che lo vuole vescovo. E’ un uomo di doti eccezionali, non comuni. Cosa pensa della sorte del vecchio ospedale. I nuovi proprietari giustamente vantano diritti. Rifarsi dei soldi spesi per la nuova struttura. Forse pochi albenganesi sono a conoscenza che quell’area, oggi cementificata, era il giardino del convento di suore, proprio sotto il pronto soccorso. E ospita, senza forse, i ruderi della chiesa di San Pietro. Albenga ha la fortuna di possedere tutti i documenti dal 1250 in poi. Ci sono tutti i passaggi delle opere realizzate da allora in avanti, la loro evoluzione. Condivido inoltre quanto sostiene il dottor Barbero, compiere anche un “falso” pur di ricostruire le mura mancanti della vecchia Albenga. I privati vanno risarciti, si dia loro la possibilità di costruire, magari torri, in zone non invasive fuori dal centro storico. E la polemica sull’Ortofrutticola e il suo sfruttamento edilizio.... Lo scempio è ormai una realtà, peggio di così. Lascino edificare, riqualificare l’area. E poi inutile scandalizzarsi quando tutti dovrebbero sapere che non da oggi Albenga è priva di una sua linea urbanistica. Una carenza che permise, ad esempio, ad Angelo Viveri di accontentare destra e sinistra nel distribuire concessioni edilizie. Si procede senza una visione, senza avere ben presenti come espandere la città, quali interessi pubblici salvaguardare. Come navighiamo a vista nel mondo agricolo. In origine si produceva frutta e verdura, poi garofani, sterlizie, gerbere, stelle di natale, piante ornamentali, fino al boom delle piante aromatiche che è stato il colpo finale. Oggi assistiamo ad un piccolo ritorno alle verdure, si pensi che negli anni ’30 e ’40 ad Albenga si teneva ogni anno un’importante esposizione-mostra di pesche. La stazione ferroviaria a monte. Un bene, un vantaggio per Albenga.... La futura sede di Bastia va benissimo, purchè si pensi ai collegamenti stradali. Del resto già nel 1800 era prevista la ferrovia in quella zona. Non sono d’accordo e detesto quelle categorie di persone che fanno delle selezioni nella tutela, il territorio va salvato in generale, ma senza essere utopisti.
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Il mondo degli imprenditori ingauni. Chi ricorda... Con Gin Noberasco avevo un ottimo rapporto. Un vero mecenate per la città e l’esempio l'hanno seguito anche i figli. Gin ha sempre pensato ad aiutare il mondo del volontariato. Poi Nino Sommariva, è quello che tra tutti ha avuto più coraggio. Ha portato in centro il frantoio facendolo entrare a far parte della cultura cittadina. E’ sempre stato molto disponibile. |
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Altre aziende, invece, sono state latitanti, assenti ai problemi della cultura e alle iniziative. Penso ai titolari ed eredi dello stabilimento Testa, rimasta l’unica azienda industriale di Albenga, con i suoi meriti in campo occupazionale. Tra gli imprenditori edili, ricordo Soracco, i Zunino forse gli unici impresari nati nella nostra zona. Un grande personaggio per Albenga è stata anche Maria Rosa Nante, crede nei libri, nelle iniziative culturali, aveva alle spalle un uomo eccezionale, Libero Nante. Vorrei ricordare Gianmario Roveraro. Un amico, ci univa la reciproca stima. Gli hanno gettato, sui giornali e televisioni, molto fango addosso. Non lo meritava. Vorrei spezzare una lancia per Giuliano Tavaroli, ero amicissimo dai tempi in cui lavorava in Pirelli. E’ padre di cinque figli. Ha un fratello più giovane ad Albenga, Paolo, una figura carismatica. Hanno sofferto molto per una storia che ha assunto dimensioni nazionali. Vedo più in Giuliano un capro espiatorio che non una mente perversa nelle malefatte della Telecom . Paolo Tavaroli, insegna relegione, è l’unico savonese dopo la morte di monsignor Nicolò Palmarini che studia e conosce l’aramaico. Scrive libri ed ha avuto molto successo con “Caro prof”. La moglie Pia si trovò al centro di una drammatica rapina alla Deutsche Bank di Albenga, fu presa in ostaggio dai banditi che la cosparsero di liquido infiammabile. Poche ore dopo il fattaccio, conclusosi senza spargimento di sangue, lei era al suo posto di lavoro, come nulla fosse accaduto. Torniamo al personaggio Ricci, è un timido... Si, soffre di una timidezza
estrema. Nella vita non ha avuto spinte, si è fatto da solo. Il
primo libro che la mia casa editrice ha pubblicato l’ha scritto sua
mamma, maestra. Ricordo il titolo dialettale “Recampemule”. Poi un
secondo “E te ghe dagu a sunta”. Il dialetto è sempre stato un mio
pallino, aspetto che Angelo Gastaldi completi il dizionario. Albenga capitale storica del ponente che dimentica la cultura, un suo cruccio, di ieri e di oggi... Il peggio che poteva capitarmi da assessore l’ho vissuto quando decisi di convocare tutte le banche operanti in città. Vorrei cominciare dal San Paolo, quello che prende di più dagli albenganesi in termini di risparmi ed attività bancaria. Sta di fatto che un giorno convocai tutti i direttori perché trovassero un somma da destinare ad iniziative culturali. Non ho visto neppure un euro. C’è da aggiungere che i soldi che non rimangono in città sono proprio quelli investiti nelle banche, dei grandi magazzini (almeno speriamo diano lavoro e non si trascinino al seguito il personale). Per Albenga un importante volano economico erano le caserme. Oggi sono il Comune e l’ospedale le maggiori aziende locali. Per fortuna l’ospedale sorgerà alla Turinetto e non a Campochiesa come voleva Viveri. E speriamo che il futuro porticciolo sia realizzato tra Albenga e Ceriale, non a Vadino. Come sarà il volto di Albenga tra un secolo, come lo immagina.... Albenga ha avuto un sindaco che per me è stato il migliore, Luigi Anfossi. Un misto di saggezza, cultura, onestà, lungimiranza. E’ stato lui a comprare l’attuale palazzo comunale. Ha lavorato nel silenzio e nell’ombra, è stato purtroppo dimenticato, anche ai suoi funerali. Mi raccontano che era anche un bravo primo cittadino Emidio Viveri. Di lui ho un ricordo inedito. Più volte l’ho trovato, quando ero ragazzo, al Santuario di Pontelungo a servire la Santa Messa, alle 5,30 del mattino. Questo fatto l’ho riferito anche al figlio Igi. Albenga domani? Difficile immaginarlo. Spero che in Comune si riescano a mandare via i fannulloni, gli incapaci. Come in tutte le amministrazioni pubbliche. Mi auguro che le nuove generazioni saranno più sensibili a mantenere intatta la parte antica, storica. Il futuro urbanistico resta un grande buco nero. Non c’è, come accennato, una visione complessiva, chiara. Credo comunque che sarà un tutt’uno con Ceriale. Anche se mi chiedo a chi sarà utile sacrificare altra terra da sottrarre all’agricoltura. Il tesoro di nostri avi. Luciano Corrado
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